Menu Immaginato II

Leone Contini

Il progetto “Imagined Menu” dell'artista italiano Leone Contini si articola da un fatto storico accaduto nell'ottobre del 1917, quando avvenne la peggiore sconfitta nella storia militare italiana: la “Rotta di Caporetto”.

19.06 - 06.07. 2014

@ Kunstraum | München, Germania

“Immagined Menu”, dopo essere stato presentato nel 2013 da Kunstverein Amsterdam, arriva a Monaco con un doppio appuntamento:

_18 luglio il Kunstraum di Monaco ospiterà una lecture-performance concepita come flusso narrativo che de-costruisce le procedure di nutrizione e controllo del corpo del soldato durante la Grande Guerra, dalle trincee fino ai campi di prigionia dopo la disfatta di Caporetto. Le “tracce” prodotte durante la lecture-performance costituiranno la mostra, che rimarrà visibile fino al 19 luglio.

_4 luglio verrà realizzato un picnic sulla Olympiaberg, la collina Olimpionica costituita dalle macerie prodotte dai bombardamenti alleati su Monaco durante la Seconda Guerra Mondiale, oggi un piacevole parco urbano. In questa occasione verranno servite alcune delle pietanze contenute nei ricettari scritti da prigionieri italiani in Germania durante la Prima Guerra Mondiale. I due conflitti possono essere, infatti, concepiti come due momenti di un’unica guerra europea. Ogni ricetta selezionata sarà l’occasione per riflessioni e talk informali, che l’artista svilupperà con gli invitati.

performances in inglese


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Il progetto Imagined Menu dell'artista italiano Leone Contini si articola da un fatto storico accaduto nell'ottobre del 1917, quando avvenne la peggiore sconfitta nella storia militare italiana: la “Rotta di Caporetto”.
Tra il 24 ottobre e il 19 novembre furono fatti prigionieri circa 200 mila soldati; tra questi Giosuè Fiorentino, un ufficiale siciliano al tempo diciottenne, prozio di Contini. I prigionieri furono smistati nei campi di prigionia di Germania ed Austro-Ungheria e Giosuè trascorse l’ultimo anno di guerra a Cellelager, a nord di Hannover, assieme ad altri 3000 internati italiani. Questa piccola comunità, sconfitta e spaesata, sperimentò freddo, fame e disperazione ma, allo stesso tempo, mise in atto strategie collettive di resistenza.
Alla “sbobba” del campo, che a stento manteneva in vita i prigionieri, si contrapponeva il cibo dei ricordi, intensamente desiderato e oggetto di interminabili discussioni tra i prigionieri. La condivisione del “cibo immaginato” era forse un tentativo di elaborare la fame, riformulare questo istinto primario e ricondurre una folla di corpi affamati – e in feroce competizione tra loro per la sopravvivenza biologica – a qualcosa di simile a una comunità.

Questa convivialità – seppur virtuale – era un’azione di resistenza collettiva.Giosuè Fiorentino trascrisse, su due taccuini rilegati a mano, le ricette raccontate dai compagni di prigionia – intimi frammenti di vita familiare, un’età dell’oro perduta. Il risultato è un vasto mosaico di cucine regionali d’inizio 900, circa 250 ricette dal Friuli alla Sicilia, come furono ricordate dai 60 compagni di baracca di Giosuè. B98, la sigla della baracca – l’unità sociale minima nella vita del campo -, divenne il titolo di uno dei due ricettari. Queste inconsapevoli scritture etnografiche raccontano un particolare segmento di cultura materiale, frutto dell’intersezione tra la “comunità concreta”, costituita dalla baracca B98, e quella più vasta “comunità immaginata” chiamata Italia.